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Diritto Sanitario in Italia- La Responsabilità Medica - L.Gelli e Medicina difensiva

 

            Il primo fattore è sicuramente socio-culturale: finito il rapporto paternalistico tra medico e paziente in cui quest’ultimo si affidava ciecamente al medico da accettarne anche i suoi insuccessi, si è passati alla percezione del medico come cinico possessore del sapere medico che gli consente di arricchirsi grazie alle disgrazie altrui.

            Inoltre, paradossalmente, l’aumento del contenzioso giudiziario si è palesato parallelamente  ai progressi della stessa medicina moderna che, determinando un’ aumento a dismisura dell’offerta delle prestazioni medico-chirurgiche, ha però da un lato elevato anche il rischio di complicanze nell’agire medico e dall’altro ha sostenuto pure un allargamento delle attese miracolistiche, come se la medicina moderna sia in grado di guarire tutte le malattie con conseguente frustrazione  nei pazienti se questo non accade:“ dottore mi ha fatto fare tanti esami ma il mio problema è rimasto uguale”.

            In questa grave crisi del rapporto medico-paziente si è inserita l’azione devastante di parte dell’Avvocatura la cui attività negli ultimi anni, spesso, è andata ben oltre la difesa dei legittimi diritti dei pazienti lesi scatenando una vera e propria caccia agli errori medici ad ogni costo anche se inesistenti, avendo scoperto che il filone della responsabilità medica è redditizio e con pochi rischi.

            A tutto ciò si è sommato anche l’atteggiamento della giurisprudenza che è mutato, negli ultimi decenni, anch’esso in senso sfavorevole per il medico.

Infatti, da quando il rapporto fra il medico e il paziente era di tipo paternalistico e il prestigio della classe medica era forte nella società, la colpa medica era giudicata da parte della giurisprudenza differentemente da oggi, infatti, per affermare la responsabilità penale di un medico, bisognava che il sanitario avesse commesso un errore lampante, imperdonabile e contrario ai fondamenti della scienza medica. Dagli anni 50’ agli anni 80, del secolo scorso, pertanto, la giurisprudenza si pronunciava di solito benevolmente nei confronti della classe medica, per cui l’esclusione della colpa era quasi la regola, mentre il suo riconoscimento l’eccezione.

         Sul piano normativo la base di questo atteggiamento trovava il suo fondamento in una disposizione del codice civile, e precisamente nell’art. 2236, per il quale: «Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se

 

non in caso di dolo o di colpa grave».

           La stessa la Corte Costituzionale ribadiva nel 1973 nella sentenza n. 166 /1973 tale impostazione giurisprudenziale come punto di equilibrio tra due esigenze: “quella di non mortificare l’iniziativa del professionista col timore di ingiuste rappresaglie da parte del cliente in caso di insuccesso e quella, inversa, di non indulgere verso non ponderate decisioni o riprovevoli inerzie del professionista stesso”.

          Comunque, tale atteggiamento giurisprudenziale era riferito alla sola colpa grave per imperizia, mentre rispetto alla negligenza e all'imprudenza si riteneva che la valutazione dell'attività del medico dovesse essere improntata a criteri di normale severità.

         Quindi in mancanza di situazioni particolarmente complicate, il medico era considerato punibile se non osservava le normali regole di diligenza, prudenza e perizia. Se invece fossero sussistiti problemi tecnici consistenti, la responsabilità, valutata nell’ambito dell’imperizia, era affermata solo nei casi di colpa grave.

          Tuttavia, successivamente, ed in seguito al cambiamento del ruolo sociale del medico, si iniziò a profilare un nuovo, diverso ed opposto orientamento giurisprudenziale che confutava l’importanza del principio di cui all’art 2236 c.c. nell’ambito del diritto penale ritenendo che avrebbero dovuto trovare unico riferimento le disposizioni in tema di colpa dell’art. 43 del codice penale.

         Questa giurisprudenza, decisamente più restrittiva, ha dominato agli ultimi anni se pur mitigata da alcune sentenze della Corte di Cassazione che hanno parzialmente riconosciuto un ruolo all’art. 2236 c.c. «qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà».

            Davanti ai numeri enormi raggiunti dal contenzioso giudiziario in tema di colpa professionale medica si è verificata, anche in Italia, una pratica medica già insorta negli Stati Uniti, nota come “medicina difensiva”.

           La medicina difensiva si caratterizza per un diverso atteggiamento medico in cui le decisioni clinico-terapeutiche hanno come primo obiettivo di evitare accuse di malpractice o per non aver prescritto tutte le indagini possibili e tutte le cure conosciute o al contrario per aver effettuato trattamenti potenzialmente ad alto rischio di insuccesso e di complicanze.

            Per cui la medicina difensiva comporta, da un lato, la prescrizione di un numero eccessivo di indagini, visite specialistiche e trattamenti e dall’altro l’evitare di praticare sui pazienti trattamenti ad alto rischio.

 

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Tale comportamento medico implica, se generalizzato, un aumento sproporzionato dei costi delle attività sanitarie, con danni rilevanti sull’assetto finanziario dei servizi sanitari sia ad indirizzo pubblico come in Europa sia privati come negli USA.

           Infatti , questa situazione caratterizzata  da un lato dall’aumento del contenzioso e dall’altro  dal diffondersi della medicina difensiva, ha avuto in primo luogo un risvolto economico  per medici, e strutture sanitarie pubbliche e private, sempre più di frequente coinvolte in richieste di risarcimenti pecuniari del danno e nel contempo ha ingenerato  uno stato di angoscia e preoccupazione nei medici che ha inciso sulla loro attività  togliendo loro una serenità professionale che ha comportato spesso un mutamento di scelte diagnostiche e terapeutiche in linea non sempre con le esigenze del malato, ma dettate “a priori” da una difesa del proprio operato.

            Davanti a tutto ciò sia la dottrina giurisprudenziale e sia il legislatore del nostro paese, hanno cominciato a considerare questo abnorme contenzioso giudiziario, per responsabilità civile e penale medica, una sorta di “malattia sociale” capace di rendere, non solo impossibile, l’esercizio della medicina da parte dei medici, ma di ledere gli interessi di tutti i cittadini per l’aumento dei costi del Servizio Sanitario con conseguente aumento di tasse, tickets e tagli di servizi.

            Da qui l’esigenza avvertita dal legislatore di modificare le norme della giurisprudenza in tema di responsabilità medica affinché il diritto torni ad essere un sicuro strumento di soluzione dei conflitti tra medici e pazienti sia per la difesa della professione medica sia dei pazienti che hanno subito un danno dall’ attività sanitaria.

           Tutto ciò ha portato all’approvazione legislativa della legge 8 novembre 2012, n. 189 o Legge Balduzzi un primo tentativo esplicito da parte del legislatore di arginare il contenzioso giudiziario legato all’attività medico-sanitaria ed il fenomeno della medicina difensiva con le sue ricadute economiche.

 

 

 

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La legge 8 novembre 2012, n. 189 o Legge Balduzzi

 

Per contenere, sia il continuo aumento del contenzioso legale tra medici e pazienti, sia il diffondersi della pratica della medicina difensiva con i suoi effetti economici, il 13/09/2012 viene emanato il decreto-legge n. 158 poi convertito in legge 8 /11/ 2012, n. 189, noto come legge Balduzzi, dal nome dell’allora Ministro della Salute del governo Monti.

             Il testo della legge contiene “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute” e comprende anche un tentativo di contenere il costante aumento del contenzioso giudiziario in tema di responsabilità professionale da medical malpractice.

            Questa finalità è dichiaratamente manifestata nella relazione illustrativa del decreto Balduzzi in cui si afferma che “L’art. 3 punta ad arginare fenomeno della medicina difensiva, che causa la prescrizione di esami diagnostici inappropriati, negativo sia sulla salute dei cittadini, sia sull’allungarsi delle liste d’attesa e dell’aumento dei costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.

Difatti, l’art. 3 della legge Balduzzi, intitolato: “Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie” al primo comma declama: «L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo comma».

            La disposizione vuole limitare le forme di medicina difensiva, escludendo la responsabilità penale del medico per colpa lieve ove si siano rispettati i protocolli sanitari e le linee guida validate dalla comunità scientifica; mentre se il giudizio di colpa fosse ritenuto grave l’esercente ne risponde penalmente.

            L’art.3 introduce nella giurisprudenza della responsabilità medica due elementi innovativi: la distinzione tra colpa lieve e colpa grave e la valorizzazione delle linee guida e delle virtuose pratiche terapeutiche, purché approvate dalla comunità scientifica.

            Con la legge Balduzzi la gradualità della colpa ha assunto una rilevanza decisiva segnando il confine tra l’essere o il non essere del reato, dunque non si tratta più di graduare, ma di tentare di stabilire con precisione il limite tra colpa lieve e grave.

         Per cui negli anni subito dopo alla promulgazione della legge, la Corte di Cassazione IV sezione ha sentito la necessità di chiarire la problematica, e con una pronuncia del 2013 (presidente

 

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Cantore) ha previsto che «in tema di responsabilità per attività medico chirurgica, allo scopo di discriminare la colpa lieve dalla colpa grave, possono essere usati i seguenti parametri valutativi della condotta tenuta dall'agente:

a) la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi;

b) la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell'agente;

c) la motivazione della condotta;

d) la consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa»

A tali indicazioni di metodo si devono però considerare altre osservazioni molto importanti sempre della giurisprudenza Cantore, seguenti all’introduzione della legge Balduzzi in cui si pone l’accento: «alle peculiarità del caso concreto, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data». «Neppure si potrà trascurare la situazione nella quale il terapeuta si trovi ad operare: l’urgenza o l’assenza di presidi adeguati. E quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca, o segnata dall’impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del terapeuta».

         Una altra problematica rilevante che ha incontrato nella sua applicazione la legge Balduzzi riguarda la definizione di “linee guida” e di buone pratiche e particolarmente quali linee guida possano essere utilizzate all’interno di un giudizio penale.

           Una definizione molta accettata di linee guida è quella dell’’Institute of Medicine che nel 1992 definì le linee guida come” raccomandazioni di comportamento clinico elaborate in modo sistematico per indirizzare la pratica clinica verso un utilizzo razionale delle risorse, valorizzando l’efficacia come criterio di scelta al fine di migliorare la qualità del servizio reso al paziente tramite la gestione appropriata alle specifiche condizioni cliniche. Le linee guida sono dunque elaborate mediante una valutazione sistematica e multidisciplinare delle prove presenti nella letteratura scientifica e quindi contengono le migliori evidenze disponibili e forniscono un contributo informativo, costituendo strumento di ausilio al professionista sanitario nel processo decisionale.”

        Ma il valore vincolante delle linee guida ha avuto ad un parziale ridimensionamento con la sentenza della Corte di Cassazione del 24/01/2013 che esamina anche l’aspetto della legge Balduzzi, che riguarda la riduzione delle spese, stabilendo che «le linee guida per avere rilevanza nell'accertamento della responsabilità del medico devono indicare standard diagnostico terapeutici conformi alla regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente e non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del

 

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contenimento delle spese, in contrasto con le esigenze di cura del paziente».

A questo si aggiunge, il dispositivo della sentenza della Corte di Cassazione Penale del 18/12/2014 che recita «il rispetto di linee guida accreditate dalla comunità scientifica non determina, di per sé, l’esonero dalla responsabilità penale del sanitario ai sensi dell'art. 3 del D. L. 13 settembre 2012, n. 158, dovendo comunque accertarsi se la specificità del quadro clinico del pazienteimponesse un percorso terapeutico diverso rispetto a quello indicato da dette linee guida»

            A fianco alle linee guida il decreto Balduzzi “pone le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica” senza, né darne una definizione, né delucidare il loro rapporto con le linee guida stesse. Si può presupporre che il legislatore abbia voluto richiamarsi a qualche cosa di diverso rispetto alle linee guida in cui le buone pratiche sono paragonabili ai protocolli che prescrivono dettagliatamente le condotte da attuare fedelmente nell’ esecuzione dello specifico trattamento.

          Comunque, la differenza tra linee guide resta però a tutt’oggi dibattuta, anche perché non vi sono pronunce della Corte di Cassazione al riguardo, forse perché probabilmente è stata esclusa la loro rilevanza rispetto alle “linee guida”.

        Da queste ed altre difficoltà applicative giurisprudenziali della legge Balduzzi il legislatore si è posto il problema di doverla riformare cosa che è avvenuta dopo appena pochi anni con la legge 24/3/2017 o legge Gelli Bianco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Testo e commento della legge 8 marzo 2017 n. 24: Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (o legge Gelli)

 

         La legge 8 marzo 2017 n.24, meglio conosciuta come legge Gelli dal nome del suo relatore alla Camera dei Deputati, o Gelli-Bianco se si aggiunge anche il relatore al Senato, è entrata in vigore in data 1 aprile 2017.

Essa affronta e regolamenta i temi della sicurezza delle cure e del rischio sanitario, della responsabilità dell'esercente della professione sanitaria e della struttura sanitaria pubblica o privata in cui opera, le modalità e caratteristiche dei procedimenti giudiziari aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'obbligo di assicurazione e l'istituzione del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria

          Si pone in continuità con la riforma introdotta dalla legge Balduzzi cercando di superarne le criticità manifestatosi nella sua applicazione giurisprudenziale.

Il provvedimento si compone di 18 articoli ed è suddivisibile in V sessioni e disposizioni finali:

I Sezione di garanzia e sicurezza (Art.1-4)

-Art.1 Sicurezza delle cure in sanità

- Art. 2 Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente

- Art. 3 Istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità

- Art. 4 Trasparenza dei dati

II Sezione Responsabilità (Art. 5 – 7)

- Art. 5 Modalità di adozione e applicazione delle “Buone pratiche clinico assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida”

- Art. 6 Responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria

- Art. 7 Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria

 III Sezione procedurale (Art. 8 – 9)

- Art. 8 Tentativo obbligatorio di conciliazione e condizione di procedibilità dell’azione civile di risarcimento del danno da colpa sanitaria

 - Art. 9 Azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa

IV Sezione assicurativa (Art.10 – 14)

- Art. 10 Obbligo di assicurazione 

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- Art. 11 Estensione della garanzia assicurativa

- Art. 12 Azione diretta del soggetto danneggiato

- Art. 13 Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità

- Art. 14 Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria

V Sezione tecnico medico-legale

- Art. 15 Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria

VI Disposizioni finali (Art.16 – 18)

 

Art. 1

Sicurezza delle cure in sanità

1. La sicurezza delle cure e' parte costitutiva del diritto alla salute ed e' perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività.

2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione di prestazioni sanitarie e l'utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.

3. Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, e' tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale.

Commento

            Il comma 1, che apre il testo della riforma, enuncia che “La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’individuo e della collettività” per cui la sicurezza delle cure costituisce una componente imprescindibile nell’erogazione di esse.

          La sicurezza delle cure si realizza dall’interazione tra tutte le componenti del sistema sanitario: operatori sanitari, tecnologie, ed organizzazione complessiva del sistema. (comma2).

          La prevenzione del rischio deve essere messe in atto da tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, ed a tale attività di prevenzione del rischio concorre tutto il personale operante in esse a qualunque titolo (comma3).

            La sicurezza delle cure, secondo la nota definizione di Charles Vincent (2011), si intende “quel processo che porta a evitare, prevenire e mitigare effetti avversi o danni derivanti dal processo di assistenza sanitaria”. La sicurezza delle cure ha quindi come oggetto gli errori e le deviazioni dalle regole che sono causa di incidenti e deve essere una componente fondamentale del diritto alla salute nell’interesse non solo dell’individuo, ma di tutta la collettività che dal diritto alla salute trae

 

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sicurezza e coesione sociale.

                Particolarmente, interessante è l’enunciato del comma2 in cui alla sicurezza delle cure, non più basato solo ed esclusivamente sull’operato del singolo operatore sanitario, ma sull’organizzazione nel suo complesso. La sicurezza si realizza dall’interazione tra tutte le componenti del sistema e non dipende solo dalle persone, dalle tecnologie, dall’organizzazione, ma dall’interazione tra loro.

             L’idea di fondo su cui si basa questo approccio è che gli errori e il comportamento umano non possono essere compresi e analizzati isolatamente, ma devono esserlo in relazione al contesto nel quale la gente lavora. Questo vale, in particolare, per il personale sanitario e medico che è influenzato dal compito gravoso che svolge, dal gruppo di lavoro, dall’ambiente di lavoro e dal più ampio contesto organizzativo, cioè dai cosiddetti fattori sistemici. In questa prospettiva gli errori sono visti, non tanto come il prodotto della fallibilità personale, quanto come conseguenza di problemi più generali presenti nell’ambiente di lavoro e nell’organizzazione.

            La sicurezza delle cure trova nella prevenzione e la gestione del rischio i due strumenti principali. La prevenzione anticipa il rischio introducendo delle procedure e pratiche cliniche controllate, la gestione del rischio è, invece, l’individuazione delle condizioni di pericolo, valutandone la probabilità di causare un danno e ponendo in atto procedure cliniche ed organizzative il suo controllo.

Art. 2

Attribuzione della funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono affidare all'ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e il supporto tecnico.

2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria.

3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso con i poteri e le modalità stabiliti dalla legislazione regionale.

 

 

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4. In ogni regione e' istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di cui all'articolo 3.

5. All'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e' aggiunta, in fine, la seguente lettera: «d-bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all'interno della struttura, sulle cause che hanno prodotto l'evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione e' pubblicata nel sito internet della struttura sanitaria.

Commento

            Con questo articolo il Legislatore Nazionalenel rispetto dell’autonomia regionale, ha previsto che la possibilità, ma non l’obbligo, che le Regioni affidino all’Ufficio del Difensore Civico la funzione di ‘garante del diritto alla salute’.

Infatti, il comma 1, recita la “funzione di garante per il diritto alla salute” può essere affidata al difensore civico dalle regioni e dalle provincie autonome.

I due commi successivi, invece, delineano le modalità con cui il cittadino si può rivolgere al difensore civico e le relative possibile attività di quest’ultimo.

         Il comma 2 delinea la procedura con cui qualsiasi destinatario di prestazioni sanitarie ha facoltà di “segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e socio sanitarie”.

Mentre il comma 3 traccia se pur parzialmente le attività del difensore civico dinnanzi ad una segnalazione pervenuta di un diritto leso, pur rimandando alla legislazione regionale la definizione dei poteri che questi potrà esercitare.

        Tutte le inefficienze del sistema sanitario possono essere oggetto di un ricorso gratuito al difensore civico che acquisisce e vaglia gli atti e, se il ricorso è fondato, agisce a tutela del diritto leso.

         L’utente si rivolge al Difensore civico non per un’azione risarcitoria pura per la quale potrà adire per via giurisdizionale o mediatoria ma per accertare le cause tecnico-organizzative alla base di un diritto leso che lo hanno determinato al fine che non si ripeta a danno di altri utenti.

       Lo stesso articolo, al comma 4, istituisce il Centro Regionale per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità (previsto dall’articolo 3), mediante procedura telematica nazionale.

 

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Inoltre, secondo il comma 5, ogni struttura sanitaria dovrà presentare annualmente una relazione con il consuntivo degli eventi avversi e sulle cause che li hanno provocati. E’ un documento di analisi di dati che ha lo scopo di pianificare successivamente le iniziative di prevenzione più idonee, per cui la relazione dovrà anche contenere, di conseguenza, le pratiche della sicurezza promosse per prevenire gli eventi avversi avvenuti ed essere pubblicata sul sito internet della struttura.

Art. 3

Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità

 

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di seguito denominato «Osservatorio».

2.L'Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all'articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché' alle cause, all’entità, alla frequenza e all'onere finanziario del contenzioso e anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee di indirizzo, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonché per la formazione e l'aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.

3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta dall' Osservatorio.

4.L' Osservatorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della

Salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.

Commento

            Il comma 1 dell’articolo istituisce presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, per acquisire i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle caratteristiche del contenzioso. L’Osservatorio, secondo il predisposto del comma 2, inoltre ha l’importante incarico di individuare, anche con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, le linee di indirizzo per la prevenzione e gestione del rischio sanitario e il

 

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monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure, nonché per la formazione e aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.

Inoltre, secondo il 3 comma il Ministro della salute riferisce annualmente a alle Camere con una relazione sulle attività svolta dall'Osservatorio, il quale secondo il comma 4, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES), già istituito con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella G.U. n. 8 del 12 gennaio 2010.

Art. 4

Trasparenza dei dati

 

1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto, in conformità alla disciplina sull'accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196, fornisce la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni caso, entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e private adeguano i regolamenti interni adottati in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.

3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, verificati nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.

4. All'articolo 37 del regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis.

I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono concordare con il direttore sanitario o sociosanitario l'esecuzione del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro fiducia».

Commento

I primi tre commi dell’articolo 4, contengono tre disposizioni in merito di:

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a) trasparenza dei dati (comma1);

b) accesso alla documentazione sanitaria (comma 2);

c)  pubblicazione – e di conseguenza all’accesso – dei dati dei risarcimenti sul sito web aziendale (comma 3):

                 Il comma 1, enuncia che le prestazioni sanitarie devono essere erogate nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. 196/2003. Questo comma non è considerato tra i più ben definiti. Infatti, se il riferimento è alla prestazione sanitaria come totalità degli atti di carattere preventivo, diagnostico,terapeutico, assistenziale, riabilitativo  la trasparenza è solo nei confronti del paziente e degli aventi diritto;mentre la trasparenza può  essere richiesta negli atti dell’organizzazione sanitaria quali, ad es. la trasparenza della gestione delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie (visite ambulatoriali, interventi chirurgici, etc..) che però sono aspetti organizzativi  rispetto alla vera e propria prestazione sanitaria.

               È altamente probabile che il legislatore abbia voluto ribadire l’obbligo della trasparenza proprio per riaffermare l’accessibilità agli atti.

               Infatti, il comma 2 ne è un esempio, dispone che, la direzione sanitaria della struttura entro sette giorni dalla presentazione della richiesta presentata dagli aventi diritto, esibisca la documentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, con possibili integrazioni da fornire entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione della richiesta.

             Il comma 3, stabilisce, inoltre che le strutture sanitarie pubbliche e private sono tenute a rendere accessibili attraverso la pubblicazione sul proprio sito Internet, i dati relativi ai risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio.

           Infine, il comma 4 dell’art. 4, inserisce nell’art.37 del regolamento di polizia mortuaria il comma 2-bis, che reca alcune disposizioni innovative:

1) conferisce ai familiari (o agli altri aventi titolo) del deceduto la facoltà di concordare con il direttore sanitario o socio-sanitario l’esecuzione del riscontro diagnostico;     

2) tale facoltà vale nel caso di decesso sia ospedaliero sia avvenuto in altro luogo;

3) conferisce ai familiari la facoltà di disporre la presenza di un medico di loro fiducia.

 

Art. 5

Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida

 

1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono,

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salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazionipreviste dalle linee guidapubblicate aisensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché' dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.

2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:

a) i requisiti minimi di rappresentatività sul territorio nazionale;

b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualità della produzione tecnico-scientifica;

c) le procedure di iscrizione all'elenco nonché' le verifiche sul mantenimento dei requisiti e le modalità di sospensione o cancellazione dallo stesso.

3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), il quale e' disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la procedura di cui all'articolo 1, comma 28, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'Istituto superiore di sanità pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché' della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni.

4. Le attività di cui al comma 3 sono svolte nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

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Commento

 

            Si tratta di uno degli articoli centrali  che modifica il decreto Balduzzi in merito al valore delle linee guida stabilendo che gli esercenti le professioni sanitarie nell’esecuzione delle prestazioni con finalità preventive,diagnostiche,terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si devono attenere , salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida (comma1) pubblicate , ed elaborate da enti e istituzioni pubbliche e private (comma 3) iscritte in apposito elenco istituito e disciplinato con decreto del Ministro della salute da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge e da aggiornare con cadenza biennale (comma 2). L’articolo specifica, inoltre che, qualora tali raccomandazioni manchino, gli operatori sanitari si devono attenere alle buone pratiche clinico-assistenziali (comma1). E’, inoltre, predisposto un Sistema nazionale per le linee guida (Snlg) e l’Istituto superiore di sanità pubblica, sul proprio sito internet, pubblica gli aggiornamenti e le linee guida indicati dal Snlg.(comma3).

            Questo articolo, unitamente al successivo articolo 6, modifica l’impostazione data dal decreto Balduzzi sull’esercizio professionale e sull’ esenzione parziale dalla responsabilità professionale.

Il decreto Balduzzi, infatti, prevedeva, con comma 1 dell’art. 3, l’esenzione dalla responsabilità penale per gli esercenti le professioni sanitarie che si attenevano a “linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”: “L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

Tale comma è abrogato dal comma 2 dell’art. 6 della legge 24/2017.

                 La norma abolita parlava genericamente di “attività”, mentre la legge Gelli   usa il termine di prestazione sanitarie specificando varie tipi di prestazioni. “preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale”.

               Anche la legge Gelli conferma che l’esercente le professioni sanitarie deve “attenersi” nello svolgimento della loro attività a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

             Ma mentre “linee guida” e “buone pratiche” nel decreto Balduzzi erano posti sullo stesso piano, senza precisazioni di eventuali priorità o circa possibili deroghe. Nel comma 1 dell’art. 5, della legge Gelli, invece i due riferimenti “linee guida” e “buone pratiche” non sono posti sullo stesso piano, dato che alle seconde occorre attenersi solo “in mancanza” delle prime. Infatti, mentre

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il decreto Balduzzi subordinava l’esercizio professionale al rispetto delle “linee guida” e delle “buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”, la legge Gelli lo subordina alle “raccomandazioni previste dalle linee guida” e, in mancanza, alle “buone pratiche clinico-assistenziali”.

                  Ma entrambi, sia il decreto Balduzzi e legge Gelli, subordinano l’esercizio professionale alle linee guida, le linee guida sono state definite, come già scritto, nel 1992 dall’Institute of Medicine, come” raccomandazioni di comportamento clinico elaborate in modo sistematico per indirizzare la pratica clinica verso un utilizzo razionale delle risorse, valorizzando l’efficacia come criterio di scelta al fine di migliorare la qualità del servizio reso al paziente tramite la gestione appropriata alle specifiche condizioni cliniche”.

               Le linee guida sono dunque elaborate mediante una valutazione sistematica e multidisciplinare delle prove presenti nella letteratura scientifica e quindi contengono le migliori evidenze disponibili e forniscono un contributo informativo, costituendo strumento di ausilio al professionista sanitario nel processo decisionale.

               Da tutto ciò si evince che le linee guida hanno come riferimento primario l’attività clinica e sono, quindi, delle raccomandazioni da vagliare in relazione al singolo caso in esame.

             Per cui, la problematica sulla “forza” delle linee guida: se cioè costituiscano una fonte di raccomandazioni o se siano tassative sembra definirsi analizzando proprio la definizione che fin dall’ inizio del loro svilupparsi le ha indicate come delle raccomandazioni da vagliare in relazione alle peculiarità del caso singolo. Anche se, né il decreto Balduzzi che si limitava ad indicare quale riferimento per le attività professionali senza definirle, né la legge Gelli che proprio nell’art. 5 ne stabilisce un assetto organizzativo e procedurale molto analitico per la loro elaborazione e per il loro aggiornamentone danno una definizione.

             Ancora più complessa è la definizione di “buona pratica “, in particolare, non è chiaro se bisogna fare riferimento a documenti o a procedure clinico assistenziali o ad entrambi.

Infatti, si deve distinguere tra le “Buone pratiche per la sicurezza” di cui all’art. 3 della legge Gelli con le “Buone pratiche clinico assistenziali” di cui parla l’art. 5 della stessa legge. Mentre quest’ultime (come anche le linee guida) costituiscono un riferimento operativo per i professionisti sanitari per l’esecuzione della migliore pratica clinico-assistenziale nei confronti del paziente, le prime sono finalizzate in particolare alla prevenzione degli errori ed a creare un ambiente di lavoro sicuro. Per cui, se è pensabile ed imperativo non attenersi alle buone pratiche clinico assistenziali se

 

 

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non portano benefici o danno al paziente, non è possibile non attenersi a una buona pratica che ha come fine la sicurezza delle cure (es. il lavaggio delle mani preoperatorio).

              Sono buone pratiche per la sicurezza quelle ricollegabili all’attività dellOsservatorio delle Buone Pratiche per la sicurezza del paziente, istituito nel 2008 presso l’AGENAS (questo osservatorio confluirà nel nuovo “Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza” di cui all’art. 3 della legge Gelli.

            Anche le “Raccomandazioni ministeriali” sono da annoverarsi ai fini della legge 24/2017 tra le buone pratiche per la sicurezza, infatti dal 2005 il Ministero della Salute pubblica documenti a carattere professionale denominati appunto “Raccomandazioni” aventi “..l’obiettivo di mettere in guardia gli operatori sanitari riguardo alcune procedure potenzialmente pericolose, fornire strumenti efficaci per mettere in atto azioni che siano in grado di ridurre i rischi e promuovere l’assunzione di responsabilità da parte degli operatori per favorire il cambiamento di sistema.’’ Ogni Azienda sanitaria è tenuta al loro rispetto ed a tale scopo il Ministero della Salute, in collaborazione con l’AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ha adottato fin dal 2009 un sistema per il monitoraggio dello stato della loro effettiva implementazione, a livello aziendale.

               Le Raccomandazioni ministeriali sono attualmente diciotto e riguardano diversi aspetti organizzativi: dalla conservazione e preparazione dei farmaci contenenti cloruro di potassio, alla corretta indicazione del sito chirurgico, alla prevenzione degli errori trasfusionali, alla prevenzione delle cadute dei pazienti, alla corretta attribuzione del codice di triage, ecc.

            Anche le check-list della sala operatoria, emanate dal Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali nel 2009, sono da annoverarsi tra le buone pratiche, in quanto attività finalizzate alla prevenzione degli errori e alla sicurezza sul lavoro.

 

Art. 6

Responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria

 

1. Dopo l'articolo 590-quinquies del codice penale e' inserito il seguente: «Art. 590-sexies (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). - Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità e' esclusa quando sono rispettate

 

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le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in

mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto».

2. All'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il comma 1 e' abrogato.

Commento

            Anche questo è un articolo cruciale della legge: il nuovo profilo di responsabilità penale previsto dalla “legge Gelli” esclude, infatti, la punibilità per imperizia, nel caso in cui si dimostri che il professionista si sia attenuto alle raccomandazioni previste dalle linee guida validate e pubblicate on line dall’Istituto superiore di sanità.

            L’art. 6 consta di 2 commi: il comma 1 introduce un nuovo articolo nel codice penale ed il comma 2 abroga il comma 1 dell’art. 3 della legge di conversione del decreto cosiddetto Balduzzi.

Il comma 1 introduce nel codice penale il nuovo art. 590-sexies, che disciplina la responsabilità colposa per morte o per lesioni personali in ambito sanitario: se i fatti di cui agli art. 589 c.p. (omicidio colposo) e art. 590 c.p. (lesioni personali colpose) sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste in caso di condotta negligente o imprudente del medico. La punibilità del fatto viene, però, esclusa se l’evento si sia verificato a causa di imperizia, purché risultino rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in mancanza di queste, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Il comma 2 dell’articolo in esame, infine, abroga, l’articolo 3 della legge 189/2012 (legge Balduzzi) con la distinzione tra gradi della colpa anche il riferimento alla colpa lieve.

            Per cui rispetto alla legge Balduzzi che all’art. 3 disponeva :l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, le novità introdotte dall'art. 589-sexies c.p. per la responsabilità penale del medico riguardano, in particolare: la mancata distinzione tra gradi della colpa, con la soppressione del riferimento alla colpa lieve; rimane l'esclusione dell'illecito penale nel solo caso di imperizia (sempre ove siano rispettate le citate linee guida o le buone pratiche), e la punibilità dell'omicidio colposo e delle lesioni colpose causate dal sanitario per negligenza o imprudenza ,però, indipendentemente dalla gravità della condotta, quindi anche per negligenza o imprudenza lieve non essendoci più gradazione della colpa.

 

 

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ART.7

Responsabilità civile della struttura e dell'esercente la professione sanitaria

 

1. La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché' non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché' attraverso la telemedicina.

3.L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5 della presente legge e dell'articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall'articolo 6 della presente legge.

4. Il danno conseguente all’attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria e' risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.

5. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile.

Commento

            In questo articolo si definiscono alcuni principi relativi alla responsabilità civile della struttura sanitaria pubblica o privata e dell'esercente la professione sanitaria.

           Nel comma 1 si stabilisce che la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che nell'esercizio della propria attività ricorre all'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti dalla struttura, risponde delle loro condotte dolose e colpose ai sensi degli articoli 1218 (Responsabilità del debitore) e 1228 (Responsabilità per fatto degli ausiliari) del codice civile.

             Tale disposizione si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina

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(comma 2). Mentre in ogni caso l'esercente la professione sanitaria risponde ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente (comma 3).

E’ quindi previsto un regime di doppia responsabilità civile, inteso come:

• responsabilità contrattuale per la struttura - con onere della prova a carico della struttura stessa e termine di prescrizione di dieci anni;

• responsabilità extra-contrattuale per l'esercente la professione sanitaria (qualora direttamente chiamato in causa) a qualunque titolo operante in una struttura sanitaria e sociosanitaria pubblica o privata - salvo il caso di obbligazione contrattuale assunta con il paziente - con onere della prova a carico del soggetto che si ritiene leso e termine di prescrizione di cinque anni.

             Il comma 3 dell’art.7 è uno dei punti di forza della riforma Gelli riconduce la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria (“che non abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”) in ambito aquileiano, e quindi con  regole  meno sfavorevoli al sanitario quali :dovendo  provare,in primo luogo il paziente il nesso di colpa tra condotta del sanitario ed evento; tutto in un tempo  di prescrizione quinquennale e quindi più breve rispetto al precedente dettato giurisprudenziale.

            Nella determinazione del risarcimento del danno il giudice tiene conto della condotta dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 5 - e quindi del rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali e delle raccomandazioni previste dalle linee guida - e dell'articolo 590-sexies c.p. introdotto dall'articolo 6 del provvedimento.

           Quanto alle modalità di risarcimento del danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o socio sanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria viene prevista la sua liquidazione sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 (Danno biologico per lesioni di non lieve entità) e 139 (Danno biologico per lesioni di lieve entità) del codice delle assicurazioni private (D.lgs. n. 209/2005). Il riferimento è alle tabelle uniche nazionali dei valori economici del danno biologico il cui aggiornamento è disposto annualmente con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico. (comma 4).

A chiusura dell’art. 7 si precisa, al comma 5, che “le disposizioni del presente articolo costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile”.

 

 

 

 

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Art. 8

Tentativo obbligatorio di conciliazione

 

1. Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. E' fatta salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.In tali casi non trova invece applicazione l'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile non e' stato espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.

3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.

4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell'articolo 15 della presente legge, e' obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all'articolo 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla conciliazione.

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Commento

L’articolo introduce un meccanismo finalizzato a ridurre il contenzioso per i procedimenti di risarcimento da responsabilità sanitaria mediante un tentativo obbligatorio di conciliazione da espletare da chi intende esercitare in giudizio un'azione risarcitoria

Tale tentativo deve essere obbligatoriamente espletato da chi intende esercitare in giudizio un’azione risarcitoria davanti al giudice civile competente, a pena di improcedibilità della domanda(comma1).

In particolare, viene disposta l'applicazione dell'istituto del ricorso (presso il giudice civile competente) per l'espletamento di una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c.  ai fini dell'accertamento e della quantificazione del danno.

 

Art.9

Azione di rivalsa o di responsabilita' amministrativa

 

1.L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

2. Se l'esercente la professione sanitaria non e' stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed e' esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio.

4.In nessun caso la transazione e' opponibile all'esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.

5.In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o dell'esercente la professione sanitaria, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l'azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la professione sanitaria e' esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall'articolo 52, secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio1934, n. 1214, si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui l'esercente laprofessione sanitaria ha

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operato.  L'importo della condanna per la responsabilità amministrativa e dellasurrogazione dicui

all'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall'impresa di assicurazione, ai sensi dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma 2.

7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa il giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria o dell'impresa di assicurazione se l'esercente la professione sanitaria ne e' stato parte.

Commento

L’art. 9 della legge regola l’azione di rivalsa verso l’esercente la professione sanitaria in caso di condanna.

L’azione può esser esercitata sia nei riguardi di dipendenti di strutture sanitarie o sociosanitarie private sia, nei confronti di dipendenti di strutture pubbliche (comma 5). La differenza principale sta nel soggetto cui è demandata l’azione: in ambito privato è la stessa struttura sanitaria o sociosanitaria a poter agire, il comma 6 prevede anche un diritto di surrogazione dell'impresa assicuratrice, mentre in ambito pubblico l’azione spetta al pubblico ministero presso la Corte dei Conti.

L’azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa della struttura sanitaria nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, si esplica in caso di dolo o colpa grave di quest’ultimo,

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successivamente all’avvenuto risarcimento (sia titolo giudiziale o stragiudiziale) ed entro un anno dall’avvenuto pagamento al danneggiato.

                 L’azione di rivalsa da parte della struttura sanitaria o della compagnia assicuratrice non è ammissibile nei confronti dell’esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio (l’azione di rivalsa è disciplinata dai commi 2, 3, 4 e 6)

                Come già  riportato ,il comma 5 stabilisce  norme specifiche per l’azione di responsabilità amministrativa verso l’esercente la professione sanitaria  qualora sia accolta la domanda di risarcimento proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica : (a) il titolare dell’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, è il pubblico ministero presso la Corte dei conti; (b) nel quantificare il danno il danno il giudice deve tener conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà (questioni organizzative della struttura in cui l’operatore ha lavorato, etc.); (c) il quantum della condanna prevede un limite, per singolo evento, pari al valore maggiore della retribuzione lorda (o del corrispettivo convenzionale) conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento non superiore al triplo; per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti.

 

Art. 10

Obbligo di assicurazione

 

1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private devono essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, anche per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché' di sperimentazione e di ricerca clinica. La disposizione del primo periodo si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché' attraverso la telemedicina. Le strutture di cui al primo periodo stipulano, altresì, polizze assicurative o adottano altre analoghe misure per la copertura della responsabilità civile verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie anche ai sensi

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e per gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo restando quanto previsto

dall'articolo 9. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano in relazione agli esercenti la professione sanitaria di cui al comma 2.

2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 del presente articolo o che presti la sua opera all'interno della stessa in regime libero-professionale ovvero che si avvalga della stessa nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente ai sensi dell'articolo 7, comma 3, resta fermo l'obbligo di cui all'articolo 3, comma 5, lettera e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e

all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

3. Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9 e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave.

4. Le strutture di cui al comma 1 rendono nota, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, la denominazione dell'impresa che presta la copertura assicurativa della responsabilità civile verso i terzi e verso i prestatori d'opera di cui al comma 1, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa.

5. Con decreto da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i criteri e le modalità per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con gli esercenti la professione sanitaria.

6. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti l'IVASS, l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), le Associazioni nazionali rappresentative delle strutture private che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, le Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle

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categorie professionali interessate, nonché' le associazioni di tutela dei cittadini e dei pazienti, sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie, prevedendo l'individuazione di classi di rischio a cui far corrispondere massimali differenziati. Il medesimo decreto stabilisce i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle altre analoghe misure, anche di assunzione diretta del rischio, richiamate dal comma 1; disciplina altresì le regole per il trasferimento del rischio nel caso di subentro contrattuale di un'impresa di assicurazione nonché' la previsione nel bilancio delle strutture di un fondo rischi e di un fondo costituito dalla messa a riserva per competenza dei risarcimenti relativi ai sinistri denunciati. A tali fondi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67.

7. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, di concerto con il Ministro della salute e sentito l'IVASS, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i dati relativi alle polizze di assicurazione stipulate ai sensi dei commi 1 e 2, e alle altre analoghe misure adottate ai sensi dei commi 1 e 6 e sono stabiliti, altresì, le modalità e i termini per la comunicazione di tali dati da parte delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e degli esercenti le professioni sanitarie all'Osservatorio. Il medesimo decreto stabilisce le modalità e i termini per l'accesso a tali dati.

Commento

L’articolo stabilisce l’obbligo di assicurazione per la responsabilità contrattuale (ex artt. 1218 e 1228 c.c.) verso terzi e verso i prestatori d’opera, a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, anche per i danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso le strutture medesime, compresi coloro che svolgono attività di formazione, aggiornamento nonché di sperimentazione e ricerca clinica. Tale obbligo riguarda anche le prestazioni sanitarie le prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramoenia ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, nonché attraverso la telemedicina.

Le medesime strutture devono stipulare altresì una polizza assicurativa per la copertura della responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.) verso terzi degli esercenti le professioni sanitarie. Il comma 2 della medesima disposizione prevede, invece, che sia a carico del professionista sanitario che svolga l’attività al di fuori di una delle strutture di cui al comma 1 l’obbligo assicurativo.

 

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 Inoltre, il comma 3 stabilisce l'obbligatorietà per gli esercenti le professioni sanitarie, passibili di azione amministrativa della Corte dei conti per danno erariale o di rivalsa in sede civile, operanti in strutture pubbliche private, di stipulare idonee polizze assicurative per colpa grave.

Le strutture sono tenute a rendere note mediante pubblicazione sul proprio sito internet, informazioni analitiche concernenti la copertura assicurativa prescelta (comma4).

 

Art. 11

Estensione della garanzia assicurativa

 

1. La garanzia assicurativa deve prevedere una operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché' denunciati all'impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura. L’ultrattività e' estesa agli eredi e non e' assoggettabile alla clausola di disdetta.

Commento

La disposizione definisce i limiti temporali della garanzia assicurativa stabilendo che essa sia operativa anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti alla conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. È previsto anche un periodo di ultrattività nel caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni.

 

Art. 12

Azione diretta del soggetto danneggiato

1. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 8, il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali e' stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private di cui al comma 1 dell'articolo 10 e all'esercente la professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10.

2. Non sono opponibili al danneggiato, per l'intero massimale di polizza, eccezioni derivanti dal contratto diverse da quelle stabilite dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6, che definisce i

 

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requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie di cui all'articolo 10, comma 2.

3. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso l'assicurato nel rispetto dei requisiti minimi, non derogabili contrattualmente, stabiliti dal decreto di cui all'articolo 10, comma 6.

4. Nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario la struttura medesima; nel giudizio promosso contro l'impresa di assicurazione dell'esercente la professione sanitaria a norma del comma 1 e' litisconsorte necessario l'esercente la professione sanitaria. L'impresa di assicurazione, l'esercente la professione sanitaria e il danneggiato hanno diritto di accesso alla documentazione della struttura relativa ai fatti dedotti in ogni fase della trattazione del sinistro.

5. L'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione e' soggetta al termine di prescrizione pari a quello dell'azione verso la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata o l'esercente la professione sanitaria.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell'articolo 10 con il quale sono determinati irequisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.

Commento

 È questa una altra novità introdotta dalla legge: un nuovo strumento a tutela del danneggiato, e cioè l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice della struttura sanitaria e del libero professionista.

L’esercizio dell’azione, subordinato al fallimento del tentativo di conciliazione obbligatorio (di cui all’art. 8), potrà comunque portare, al massimo, il riconoscimento delle somme per le quali la struttura o il sanitario hanno stipulato il contratto di assicurazione.          

 

Art. 13

Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità

 Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7, comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell'atto introduttivo del giudizio. Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di

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assicurazione entro dieci giorni comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta elettronica certificata o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardività o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9.

Commento

 Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le compagnie di assicurazione devono comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica dell’atto introduttivo  e l’eventuale avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato  l'omissione, e la tardività o l'incompletezza delle comunicazioni preclude l'ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9.

 

Art. 14

Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria

 

1. E' istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, il Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. Il Fondo di garanzia e' alimentato dal versamento di un contributo annuale dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria. A tal fine il predetto contributo e' versato all'entrata del bilancio dello Stato

per essere riassegnato al Fondo di garanzia. Il Ministero della salute con apposita convenzione affida alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici (CONSAP) Spa la gestione delle risorse del Fondo di garanzia.

2. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro e dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le rappresentanze delle imprese di assicurazione, sono definiti:

a) la misura del contributo dovuto dalle imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria;

b) le modalità di versamento del contributo di cui alla lettera a);

c) i principi cui dovrà uniformarsi la convenzione tra il Ministero della salute e la CONSAP Spa;

 

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d) le modalità di intervento, il funzionamento e il regresso del Fondo di garanzia nei confronti del responsabile del sinistro.

3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 concorre al risarcimento del danno nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie.

4. La misura del contributo di cui al comma 2, lettera a), e' aggiornata annualmente con apposito decreto del Ministro della salute, da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alle effettive esigenze della gestione del Fondo di garanzia.

5. Ai fini della rideterminazione del contributo di cui al comma 2, lettera a), la CONSAP Spa trasmette ogni anno al Ministero della salute e al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della gestione del Fondo di garanzia di cui al comma 1, riferito all'anno precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui al comma 2. 6. Gli oneri per l'istruttoria e la gestione delle richieste di risarcimento sono posti a carico del Fondo di garanzia di cui al comma 1.

7. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 risarcisce i danni cagionati da responsabilità sanitaria nei seguenti casi:

a) qualora il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall'esercente la professione sanitaria ai sensi del decreto di cui all'articolo 10, comma 6;

b) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l'esercente la professione sanitaria risultino assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa o vi venga posta successivamente;

c) qualora la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l'esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell'impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione dall'albo dell'impresa assicuratrice stessa.

8. Il decreto di cui all'articolo 10, comma 6, prevede che il massimale minimo sia rideterminato in relazione all'andamento del Fondo per le ipotesi di cui alla lettera a) del comma 7 del presente articolo.

9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai sinistri denunciati per la prima volta dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

10. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

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Commento

 

È prevista l’istituzione, nel bilancio di previsione del Ministero della salute, di un Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, finanziato dal contributo annuale delle imprese autorizzate all’esercizio delle assicurazioniper la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria. Il Fondo di garanzia risarcisce i danni causati da responsabilità sanitaria nei seguenti casi: a) il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti stipulati dalla struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero dall’esercente la professione sanitaria; b) la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino assicurati presso un’impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente; c) la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata ovvero l’esercente la professione sanitaria siano sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta inesistenza o cancellazione all’albo dell’impresa assicuratrice stessa.

 

Art. 15

Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria

 

1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l’autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell'ambito del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso di adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

2. Negli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina. In sede di revisione degli albi e' indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, l'esperienza professionale maturata, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati.

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3. Gli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme diattuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere aggiornati con cadenza almeno quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un'idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento.

4. Nei casi di cui al comma 1, l'incarico e' conferito al collegio e, nella determinazione del compenso globale, non si applica l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall'articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

Commento

L’articolo stabilisce i criteri di nomina dei consulenti tecnici d’ufficio (CTU) che sono di particolare rilievo nei giudizi di responsabilità sanitaria.

In pratica sono state stabile le procedure di verifica delle competenze e resi trasparenti i possibili conflitti di interessi rendendo di fatto disponibili al giudice tutti gli albi presenti a livello nazionale, da aggiornare ogni 5 anni. Sono inoltre previste indicazioni specifiche di cui l’autorità giudiziaria deve tener conto nella nomina.

E' stabilito, in particolare:

• che l'autorità giudiziaria debba affidare sempre la consulenza e la perizia a un collegio costituito da un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti aventi specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento e riferite a tutte le professioni sanitarie;

• che i CTU da nominare nel tentativo di conciliazione obbligatoria (di cui all'articolo 8, comma 1), siano in possesso di adeguate competenze nell'ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi.

Art. 16

Modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di responsabilità professionale del personale sanitario

 

1. All'articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: «I verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di procedimenti giudiziari».

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2. All'articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore».

Commento

Questa disposizione modifica i commi 539 e 540 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015), che hanno dettato norme in materia di attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario. Ora si prevede che i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possano essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari, e che l’attività di gestione del rischio sanitario sia coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale, ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore.

 

Art. 17

Clausola di salvaguardia

1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Commento

In base a tale disposizione le norme della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

Art. 18

Clausola di invarianza finanziaria

1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Commento

Secondo la disposizione, le amministrazioni interessate provvedono alle disposizioni della legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e

comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

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La responsabilità medica dopo le ultime sentenze della Corte di Cassazione sulla la legge n.24/2017

 

            L’applicazione della Legge n.24 del 2017 o legge Gelli-Bianco nella giurisprudenza ha trovato numerose difficoltà interpretative, in particolare l’art. 590 sexies del codice penale, introdotto dalla legge che regola la nuova disciplina della responsabilità penale colposa per morte o lesioni in ambito medico.

             Questo articolo prevede, infatti, la non imputabilità del sanitario “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia ma rispettando le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”. 

            Confrontando la precedente normativa che era regolata dall’articolo 3 del decreto -legge decreto “Balduzzi”, si osserva che con l’art.5 della legge Gelli è scomparsa la gradazione fra colpa lieve e colpa grave.

           Questo nuovo indirizzo normativo ha però determinato delle notevoli difformità interpretative nelle sentenze della Corte di Cassazione e solo la sentenza del 22 febbraio 2018 n.8718 ha cercato di darne un’interpretazione univoca.

          Infatti, in una prima sentenza (n.) della Quarta Sezione penale, la Corte aveva dato un’interpretazione estremamente restrittiva della legge “Gelli-Bianco” tale da renderne quasi non impossibile l’applicazione.  La sentenza affermava che l’art.590 sexies del c.p. introdotto dalla legge Gelli non trovava applicazione:

      negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee guida;

      nelle situazioni concrete in cui tali raccomandazioni debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarità della condizione del paziente o per qualunque altra ragione imposta da esigenze scientificamente qualificate;

      nelle condotte che, sebbene poste in essere dell’ambito di approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti e appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo, come nel caso di errore nell’esecuzione materiale di atto chirurgico pur correttamente impostato secondo le relative linee guida.

La Corte ha inoltre affermato che per i fatti anteriori può trovare ancora applicazione, ai sensi

dell’art. 2 c.p., la disposizione di cui all’abrogato art. 3, comma 1, della legge n. 189 del 2012 che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve, nei contesti regolati

 

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da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

Inoltre, nella stessa sentenza si era giunti ad ipotizzare  addirittura l’incostituzionalità proprio del nuovo art. 590sexies del codice penale sia rispetto all’articolo 32 della Costituzione per un presunto rischio per il diritto alla salute legato  alla non punibilità anche per colpa grave dell’imperizia, sia in particolare rispetto all’articolo 3 della Costituzione , perché si sarebbe venuto a stabilire, nei confronti della responsabilità professionale medica, un regolamentazione normativa“irrazionalmente diversa rispetto a quello di altre professioni altrettanto rischiose e difficili”.

            Però, dopo pochi mesi, una successiva sentenza(n.), la medesima Quarta Sezione penale pronunciava un dettato assolutamente opposto.

Infatti, questa sentenza suggeriva la completa applicazione della legge con una lettura rigorosamente letterale del nuovo articolo 590 sexies c.p.

In questo pronunciamento , infatti, la Corte di Cassazione  ha enunciato un principio di diritto secondo il quale la legge 24/2017 prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso) nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse”.

Tale decisione di conseguenza sanciva che quando le linee guida fossero state rispettate, in presenza di imperizia (intesa come “violazione delle leges artis”- nella esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello stesso e delle relative linee guida (ovvero l’ imperizia in eligendo, che resta punibile come nei casi di negligenza ed imprudenza) non vi sarebbe responsabilità penale colposa del medico ed essendo scomparsa la graduazione della colpa, anche la colpa grave verrebbe a ricadere nella non punibilità del sanitario.

            Questa divergenza interpretativa è venuta ad una sintesi con la sentenza n. 8770/2018 delle Sezioni Unite della Cassazione, la quale, ribadendo il ruolo determinante delle linee guida in ambito sanitario, ha cercato di stabilire i confini entro cui trova la sua applicazione l’esclusione di punibilità prevista dalla legge “Gelli-Bianco”.

Per cui le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che l’esercente laprofessione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica in questi casi:

      se l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imprudenza o negligenza;

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      se l’evento si è verificato per colpa anche lieve dettata da imperizia in 2 ipotesi:

a) in quella di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’intervento quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali;

b) in quella di errore nell’individuazione della tipologia di intervento e delle relative linee guida (imperizia in eligendo) che non risultino adeguate al caso concreto;

      se l’evento si è verificato per colpa solamente grave dettata da imperizia nell’esecuzione dell’atto medico quando il medico abbia comunque scelto e rispettato le linee guida adeguate al caso concreto.

Tale pronunciamento è comunque un compromesso tra le due sentenze in quanto se da un lato non stabilisce un’assoluta impunibilità nel caso imperizia del sanitario ( come ipotizzato dalla sentenza n. 50078/2017), dall’altro disattende completamente la nuova normativa introdotta dalla legge Gelli (come paventato dalla sentenza  n. 28187/2017).

E’ innegabile che la suddetta sentenza tuttavia, ha ripristinato, anche se parzialmente, la situazione normativa esistente con l’entrata in vigore del decreto “Balduzzi” del 2012, avendo, di fatto, reintrodotto la differenziazione tra colpa lieve e colpa grave.

            La Corte  di  Cassazione di recente  si  è  anche  pronunciata  con  la  sentenza 47748/2018 sul valore delle linee guida attualmente esistenti , sempre in riferimento all'articolo 590-sexies del codice penale. 
Secondo la Corte non essendo   ancora completato l’iter di approvazione delle nuove linee guida, che una volta emanate saranno loro “il fulcro dell'architettura normativa e concettuale in tema di responsabilità sanitaria penale ",le attuali di linee guida, si possono considerare, come buone pratiche clinico-assistenziali.

Anche se i giudici considerano questa soluzione provvisoria ed approssimativa essendo le linee-guida raccomandazioni di comportamento clinico che derivano da un processo di elaborazione concettuale e quindi sono profondamente diverse dalle buone pratiche clinico-assistenziali che hanno un profilo più tecnico-operativo.

 

 

 

 

 

 

 

36

 

 

 BILIOGRAFIA

 

      Benci L., Bernardi A., Fiore A,Frittelli T., Gasparrini V., Hazan M., Martinengo P.,Rodriguez P., Rossi W.,Tartaglia R, Tita A. Sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria. Commentario alla legge 24/2017, Quotidiano Sanità Edizioni.

      Basile F. Un itinerario giurisprudenziale sulla responsabilità medica colposa tra art. 2236 c.c. e legge Balduzzi (aspettando la riforma della riforma), in Diritto Penale Contemporaneo,2017.

      Brusco C.  Cassazione e responsabilità penale del medico. Tipicità e determinatezza nel nuovo art. 590 sexies, 2017, in Diritto Penale Contemporaneo,

      2017.

      Buzzoni A., Responsabilità medica e sanitaria: la riforma Gelli, Edizioni FAG, Milano, 2017;

      Cascella G. I potenziali effetti della legge Gelli Bianco. La Nuova Procedura       Civile,4,2017. Editrice ADMAIORA

      Caputo M. Colpa penale del medico e sicurezza delle cure. Giappichelli Editore, Torino, 2017.

      Cupelli C. Lo statuto penale della colpa medica e le incerte novità della legge Gelli-Bianco, in Diritto Penale Contemporaneo, 3,4, 2017.

      Di Guida P., Di Guida P. Culpa medica. Storia ed evoluzione di un profilo giuridico. Ius in itinere, dicembre,2017.

      Guerra G.  Responsabilità e sicurezza delle cure: la legge Gelli. Politiche

     Sanitarie,18,2,2017. Il Pensiero Scientifico Editore.

      Guerriero C. Il disegno di legge Gelli cambia i connotati della responsabilità medica, in Iurisprudentia.it;

      Iadecola G. F. Qualche riflessione sulla nuova disciplina della colpa medica per imperizia nella legge 8 marzo 2017 n. 24 (legge c.d. Gelli-Bianco), 2017, in Diritto Penale Contemporaneo.

      Iannone R.F. La responsabilità medica dopo la legge Gelli. La Nuova Procedura Civile,2,2017. Editrice ADMAIORA

      La responsabilità del Sanitario: queste le principali novità. La Nuova Procedura

    Civile,28,2,2017. Editrice ADMAIORA.

      Martini F., Rodolfi M. Analisi funzionale e pratica della legge n. 24 dell’8 marzo 017 sulla RC professionale sanitaria MRV Studio Legale, Milano 2017

      Nuova legge sulla responsabilità sanitaria: ecco il testo della legge 24/2017      Pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La Nuova Procedura Civile,2,2017. Editrice                                            ADMAIORA.

 

      Piras P. La non punibilità dell’imperizia medica in executivis, 2017, in Diritto Penale Contemporaneo.

      Sciascio M.Legge Gelli-Bianco: l'accidentato iter della colpa medica nella giurisprudenza. 17,9, 2018. Altalex.

 

 

 

 

 

 

 

 

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  INVERNO 2024 - La diminuzione dei raccolti farà salire ancora i prezzi dei generi alimentari  Negli ultimi giorni in Lituania è risuonato il ticchettio…

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SLOVENIA

SLOVENIA 

  INVERNO 2020 - L’equipe base della seconda Marcia Mondiale per la pace e la  Non Violenza è arrivata a Pirano, in Slovenia. Nonostante siano stati…

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SLOVACCHIA

SLOVACCHIA 

          INVERNO 2020 - Slovacchia, arrestati 13 giudici coinvolti nell'omicidio del giornalista Jan Kuciak Il premier Igor Matovic, vincitore delle elezioni politiche…

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MALTA

MALTA 

INVERNO 2020-  Investimento milionario per contrastare l’inquinamento delle navi da crociera Una fornitura elettrica da banchina è la soluzione proposta per far spegnere i motori…

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CROAZIA

CROAZIA 

      INVERNO 2020 -  Nell’Europa chiusa per il virus, la Ue apre le porte all’esercito Usa -  Trentamila soldati statunitensi stanno per sbarcare…

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NORVEGIA

NORVEGIA 

      INVERNO 2020 - Con i suoi 85,4 metri d’altezza, il Mjøstårnet, conosciuto anche come Mjøsa Tower, letteralmente “la torre del lago Mjøsa”, è…

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IRLANDA

IRLANDA 

  ESTATE 2020-  La “Domenica del clima” per una Chiesa sempre più attenta In Gran Bretagna e Irlanda, l'Environmental Issues Network (EIN) ha lanciato l’iniziativa…

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UNGHERIA

UNGHERIA 

ESTATE 2020 -   Gli ambiziosi piani dell’Ungheria si ergono su solide basi Altri strumenti   Il ministro ungherese per l’innovazione e la tecnologia, László Palkovics,…

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LUSSEMBURGO

LUSSEMBURGO 

PRIMAVERA 2020 -  Lussemburgo, trasporti pubblici gratis per tutti per aiutare il clima Dal 1 marzo i residenti del granducato potranno viaggiare gratis. La misura…

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SVEZIA

SVEZIA 

   ESTATE 2020 - Perché la Svezia lascia tutto aperto mentre praticamente tutto il mondo è in lockdown, e insiste con la propria strategia: niente quarantena,…

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ROMANIA

ROMANIA 

     AUTUNNO 2020 - Polo di crescita focalizzato sulla ricerca, innovazione e servizi IT a Cluj Il Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Ambiente d'Affari,…

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FINLANDIA

FINLANDIA 

    PRIMAVERA 2019 - La lotta per l’Artico dell’ultimo popolo indigeno d’Europa I Sami sono minacciati non solo dagli effetti dei cambiamenti climatici ben…

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....UP ON THE EUROPE'S SKY

....UP ON THE EUROPE'S SKY 

Tutte le “diversità” esistenti vedono quindi, oggi, garantite realmente le potenzialità della loro evoluzione in uno sviluppo di idee e di una larga comprensione per…

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 GRECIA

GRECIA 

  INVERNO 2024-  Grecia, in Aula una proposta di legge per introdurre i matrimoni tra omosessuali La normativa, se approvata, permetterà anche ai coniugi di…

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AUSTRIA

AUSTRIA 

      PRIMAVERA 2020 - Austria terra di innovazione e di startup…anche estere! L’ambiente delle startup in Austria sta vivendo un boom potente e…

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ESTONIA

ESTONIA 

   PRIMAVERA 2019 - Per la prima volta la ricetta elettronica accettata nella farmacia di un altro paese Dal 21 gennaio 2019 i cittadini finlandesi…

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BULGARIA

BULGARIA 

   PRIMAVERA 2020 - Il prossimo appuntamento del progetto FoodChains 4 Eu si terrà in Bulgaria: i partner si ritroveranno a Varna sul Mar Nero, per il …

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REPUBBLICA CECA

REPUBBLICA CECA 

INVERNO 2020-  La Repubblica Ceca chiude le frontiere -  Da lunedì 15 Marzo non si potrà uscire o entrare per il coronavirus PRAGA,- Il governo…

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 CIPRO

CIPRO 

 PRIMAVERA 2020 - LIMASSOL–Sergey Portnov, CEO di Parimatch, ha preso la parola ieri sul palco virtuale di Collision From Home – una conferenza virtuale a livello…

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